venerdì 17 febbraio 2012

Giandomenico Tiepolo: il mondo nuovo




Per Giandomenco Tiepolo (1727-1804) essere figlio d’arte non è di certo facile. La sua è una famiglia impegnativa: gli zii materni sono Antonio e Francesco Guardi, ma, soprattutto, il padre è il grande Giambattista, il protagonista assoluto della scena pittorica veneziana.
Una presenza ingombrante per Giandomenico, che si è formato con lui e lo ha seguito per tutta Europa: da Wurzburg (ne ho parlato qui) a Madrid, dove Giambattista è morto.

Giandomenico, rientrato a Venezia, crea la sua bottega e consolida la sua reputazione di pittore e incisore, con una vena di ironia beffarda e malinconica. Ma l’ombra del padre continua a incombere su di lui.
Per sentirsi libero decide di dipingere ad affresco, solo per se stesso,  le pareti della sua villa di campagna a Zianigo. 
Là si sente svincolato da ogni pressione e può finalmente dare sfogo alla sua ispirazione. Dipinge piccoli ritratti di animali, storie di stralunati Pulcinella e scene di vita quotidiana.
Come il “Mondo Nuovo”:



Un grande affresco, largo cinque metri e alto circa due, con un taglio della scena teatrale o, meglio, cinematografico.
A sinistra una palizzata di assi, fa da quinta e indirizza lo sguardo verso un "casotto", una baracca sormontata da una torretta e con due stendardi. All'orizzonte si intravedono, indistinti, mare e laguna.
In primo piano, c'è un gruppo di persone tutte viste di spalle, dove si mescolano popolani, nobili e borghesi, uomini e donne, abbigliati in redingote, ampie gonne, parrucche, cuffie o cappelli. 
A sinistra, spicca la maschera di Pulcinella. In un angolo, tra la massa dei curiosi, due persone di profilo. Sono i due Tiepolo: Giandomenico, che sbircia la scena con l’occhialino e il padre Giambattista, a braccia conserte e con l’aria distaccata.

Al centro, un ragazzino vestito di bianco è il solo che sia rivolto verso lo spettatore.

Tutti sembrano in attesa di un evento: attendono il loro turno per guardare, dentro una finestrella del casotto, uno spettacolo che per noi resta invisibile.

Un uomo in tricorno, l'unico con un abito scuro, in piedi su uno sgabello, sembra mostrare qualcosa con una lunga bacchetta.


Se ci fosse il sonoro potremmo sentire, al di sopra del brusio, dei commenti e, forse, di qualche protesta, la voce squillante dell’ imbonitore, che  ripete: “Venite, venite a vedere il mondo nuovo”.
Ecco cosa aspettano: aspettano il “mondo nuovo”.

Siamo a Venezia nel 1791 e l’anno si è aperto, come al solito, tra le feste.
La città, estenuata dalle perdite economiche e militari, ha rinunciato al predominio sul Mediterraneo e alle sue fonti di ricchezza. Ma vive un tramonto glorioso: al potere reale si è sostituito quello dell’apparenza e non è mai sembrata così bella e lieta.
Ha 150.000 abitanti e - si dice - altrettanti turisti. È diventata una tappa obbligata del Grand Tour: la sua brillante vita mondana e un patrimonio artistico intatto, mai toccato da guerre o saccheggi, attraggono visitatori italiani e stranieri.

"Splendore e sporcizia", secondo un viaggiatore dell’epoca, si mescolano.
E la città sembra oscillare tra due anime, quella del gioco e delle avventure di Giacomo Casanova e quella critica e realistica di Carlo Goldoni.
La dolcezza del vivere è al suo culmine.
Ricevimenti, caffè, teatri, concerti, giochi d’azzardo e, soprattutto, il Carnevale.
Lunghissimo: cinque mesi l’anno, in cui tutti possono uscire in maschera. Ogni trasgressione è ammessa. E balli dappertutto, dai palazzi alle locande: un'entrata sicura per l’economia della città che, sul Carnevale, ormai, ci vive.
La gente ha un bisogno continuo di nuovi divertimenti.
Vicino a Piazza San Marco hanno costruito due "casotti", dove si mostrano le più varie attrazioni: cavadenti, animali esotici e uno svago che ha incontrato, da subito, un enorme successo, il "Mondo nuovo", appunto.
È un lanterna magica, un cosmorama, dove si possono vedere immagini esotiche di terre lontane.
Al "Mondo nuovo" si dedicano articoli e poesie. È uno spettacolo suggestivo che lascia spazio alla fantasia: l'evasione di cui molti hanno bisogno.

Ecco cosa sta guardando la folla dell’affresco.
Ma è solo questo? No, non è solo questo.
Quello che si avverte nel dipinto è, soprattutto, una sensazione di profonda inquietudine.
I tempi sono duri e Giandomenico Tiepolo lo sente. Non è più il momento per gli illusori mondi creati dalla pittura del padre, né per eleganze capricciose o riccioli vaporosi.
Il suo stile si semplifica, diventa sobrio, sintetico, quasi abbreviato.
Quello che conta è cogliere e ricreare l’atmosfera del tempo. E nell'aria c’è il senso imminente della fine di un’epoca.

La rivoluzione francese ha spazzato tutto, ha creato nuove aspirazioni e incrinato vecchie certezze. Tra pochi anni, le truppe napoleoniche entreranno in una Venezia stremata. Sarà proprio Bonaparte a cedere la Serenissima all'Austria.
Giandomenico Tiepolo, nato veneziano, morirà austriaco.
Questo, certamente, non lo può prevedere, ma, in qualche modo, lo intuisce.

La folla senza volto, accalcata intorno alla baracca, sembra rappresentare l’intera Venezia, col suo passato glorioso e il suo avvenire incerto.
Non è un caso che Tiepolo provi il bisogno di inserirvi le immagini che danno il senso del passare del tempo e dello scorrere delle generazioni: il ritratto di suo padre, la maschera di carnevale del Pulcinella e il ragazzo vestito di bianco che, forse, rappresenta il futuro.


Quella che tutti attendono è molto di più di una lanterna magica: è la promessa di un avvenire migliore e la speranza di un “mondo nuovo” che spazzi la paura del presente. E così si lasciano tentare dall'imbonitore e si rifugiano nell'ultima illusione.

Ma il dipinto non riguarda solo la Venezia del Settecento.
Ogni finis historiae, il dileguarsi di orizzonti e di sicurezze che accompagna il tramonto di un'epoca, porta i segni della stessa malinconica inquietudine.
Ed è quella inquietudine che sembra toccare anche noi e che riconosciamo nel nostro senso di incertezza e nelle nostre paure.



Gli affreschi della villa di Zianigo, che qualcuno ha paragonato addirittura ai dipinti della "Quinta del sordo" di Goya (1819-1823), furono fatti staccare nel 1906 dai proprietari di allora per venderli all'estero. La vendita, per fortuna, fu bloccata e ora sono tutti conservati nel museo di ca' Rezzonico a Venezia (qui il link)

 
 
 

16 commenti:

  1. Come di consueto rispetto l'appuntamento col caffè e l'arte spiegata nei tuoi post.Mi hai trasportato nella Venezia di fine settecento, come in un film. Di "Mondo nuovo" conoscevo il romanzo di Huxley, ma non questo struggente affresco di Tiepolo.Penso di andarlo a vedere il prima possibile a ca' Rezzonico
    Ciao
    Marco

    RispondiElimina
  2. Ti leggo proprio da Venezia e il tuo post mi da una chiave differente per guardare questa città e non appena mi sarà possibile cerco di andare a vedere il museo Rezzonico. Peccato che gli affreschi siano stati staccati dalla loro sede ma credo che averli qui sia un arricchimento per tutti i visitatori
    Un saluto affettuoso da Venezia
    Sara

    RispondiElimina
  3. Oh sì, quella inquietudine ci avvolge proprio tutti in questi ultimi anni,dopo il crollo del comunismo ecco gli scricchiolii e gli schianti del capitalismo, ma il mondo nuovo dobbiamo ancora inventarcelo, forse lo scopriremo attraverso uno sguardo diverso su noi stessi, liberandoci da vecchi dogmi e credenze.
    Un abbraccione!

    RispondiElimina
  4. Ci sarebbero da fare moltissime considerazioni su questa immagine e pensa che se l'avessi vista da sola e senza la tua guida non avrei trovato niente di quello che tu racconti tanto bene. Il titolo di "Mondo Nuovo", l'atteggimaneto della massa anonima, la voglia di illusione e stordimento che ora percepisco hanno molti punti di contato con il momento che viviamo. Spero in quello che dice Ruhevoll sulla nostra possibilità di inventarci un mondo nuovo
    Saluti!
    Anna

    RispondiElimina
  5. Quante suggestioni e spunti per riflettere ed approfondire. Anch'io conoscevo solo l'opera di Huxley e, naturalmente, l'esclamazione di Miranda ne "La tempesta". Mi chiedevo, scorrendo le frasi iniziali del tuo post, il perchè del titolo dell'opera e del taglio dato dal Tiepolo alla rappresentazione. Prima di arrivare al punto in cui sveli il mistero, avevo pensato, notando la compresenza di ceti diversi, alle possibilità di mobilità sociale offerte dal nuovo mondo, "senza storia" ( in questa chiave interpretavo la figura del bambino, una sorta di simbolo del nuovo continente o del futuro e delle figure di spalle, il vecchio mondo o il passato). Così la tua soluzione mi ha sorpreso e incuriosito.

    Meraviglioso affresco e altrettanto meraviglioso post. Andrò sicuramente appena posso a Venezia...
    Grazie, carissima.

    RispondiElimina
  6. Leggo molto spesso il tuo blog e trovo i tuoi post di particolare interesse. La lettura di questo affresco che non conoscevo è per me particolarmente suggestiva. Mi suggerisce un pensiero che espongo nella maniera in cui mi é venuto alla mente. L'imbonitore , la voglia di evasione e di fuga nel "mondo nuovo" non somigliano un po' nella società attuale alla droga televisiva? non fanno pensare alla folla che segue il festival di Sanremo mentre fuori un mondo sta crollando?
    Scusa per queste divagazioni e un cordiale saluto
    Carlo

    RispondiElimina
  7. ho fatto le stesse considerazioni di Carlo. E come sempre, un grazie grosso come una casa

    RispondiElimina
  8. Mi fa simpatia questo Giandomenico, "oppresso" dalla figura totemica del padre. Mi fa simpatia per come si affranchi dalla figura paterna, distaccata e lontana, per dipingere un affresco di rottura. Chi mai, in quei tempi, avrebbe dipinto di schiena, buona parte delle figure in esso raffigurate? Ma quella sua autoraffigurazione, curiosamente partecipe al tutto, a differenza del padre, lo rende (forse) già libero dagli "influssi" paterni. Grazie per aver postato quest'opera di meravigliosa originalità. Bye&besos di fine settimana

    RispondiElimina
  9. Trovo molto convincente la tua interpretazione, così ricca di espressivi passaggi. E così suggestiva.

    RispondiElimina
  10. Sempre più affascinata da questo blog, ti ringrazio
    Licia Parlato - Napoli

    RispondiElimina
  11. Sia cosa mi fa venire in mente la tua spiegazione? Una sorta di "tele-visione" o cinema antelitteram... E in questo non siamo cambiati... semmai sono cambiati i mezzi...
    Il dipinto è splendido e la tua guida ci permette davvero di avere uno sguardo diverso o forse uno sguarda che va oltre la semplice emozione che altrimenti io provo di fronte a un quadro. Il piacere è completo, un piacere che appaga l'anima e anche la mente...
    Buon fine settimana Grazia!
    Cinzia

    RispondiElimina
  12. Bellissimo questo affresco, grazie cara Grazia. :)

    un abbraccio

    RispondiElimina
  13. Grazie a tutti per i commenti.
    E' vero che un dipinto come questo vive e ci affascina anche per le suggestioni che evoca.Da quella dell'inquietudine per la fine di un mondo a quella della voglia di evadere in quell'illusione che oggi potrebbe essere il cinema o la televisione ....
    Per chi avesse voglia di approfondire metto qui un link con un articolo documentatissimo che dice tutto, ma proprio tutto (forse anche troppo)sulla storia di Giandomenico Tiepolo e del "Mondo nuovo":
    http://readperiodicals.com/201009/2136852741.html

    RispondiElimina
  14. Com'è attuale questa storia, com'è nostra questa tentazione di evadere dalla "malinconica inquietudine" di cui tu parli per rifugiarci nella contemplazione instupidita di qualche fenomeno da baraccone.
    Mi piace l'atteggiamento di padre e figlio: il primo a braccia conserte, evidentemente assai poco convinto dello spettacolo, scettico; il secondo forse più disposto a capire (e per farlo meglio si dota anche di occhialino), ma comunque da una certa distanza, con un ironico e quieto distacco.
    Saluti affettuosi

    RispondiElimina
  15. Bello il post e, devo dire, belli anche i commenti. Questa è la magia del blog, il nostro "mondo nuovo" che a volte ci strega e ci ipnotizza, ma, come il mondo nuovo spiato dai veneziani, ha in sé grandi potenzialità e straordinarie promesse...

    RispondiElimina
  16. Bello! Trovato in un malinconico sabato settembrino: una perla di storia. Amo il mio Veneto e non finisco mai di riscoprirne sempre un "mondo nuovo" all'orizzonte. Grazie.

    RispondiElimina