martedì 14 dicembre 2010

Pascoli


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Le poesie imparate a memoria  spesso riaffiorano  in maniera inaspettata. 
Ci sono momenti in cui sentiamo di non avere le parole per dire o per comunicare una sensazione e allora, misteriosamente, riemergono, di colpo - chiari alla mente - i versi faticosamente imparati alle elementari, alle medie o al liceo. 
E ci si scopre a sussurrare parole che credevamo dimenticate, rime di poeti che  non leggiamo più, ma che sono legate, dentro di noi, all'emozione di un momento.

Mi è capitato negli ultimi tempi con Pascoli, in una giornata di fine novembre, così silenziosa da percepire "il cader fragile delle foglie" e così tersa e limpida da evocare "gli albicocchi in fiore" della primavera.

E mi è successo, durante un temporale notturno, quando, all'improvviso, un lampo ha illuminato l'edificio di fronte alle mie finestre che a quel bagliore, d'un bianco abbagliante, mi è sembrato estraneo e pauroso. 
E subito mi è ritornata in mente un'immagine, quella della poesia di Pascoli, come se un occhio "largo, esterrefatto" si fosse, davvero, improvvisamente aperto e chiuso, davanti a me, nel buio della notte.

Chi l' avrebbe mai detto? Pascoli!


Gémmea l’aria, il sole così chiaro
Che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore.
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
Di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.
È l’estate fredda, dei morti.
(Novembre)


E cielo e terra si mostrò qual era :
la terra ansante, livida, in sussulto,
il cielo ingombro, tragico disfatto
bianca, bianca nel tacito tumulto
una casa apparì, sparì d'un tratto
come un occhio che, largo, esterrefatto,
s'aprì e si chiuse nella notte nera.
(Il lampo)



 
G.Pascoli, Il lampo e  Il tuono :

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