sabato 27 novembre 2010

Italia sì, Italia no....



Elio e le storie tese , La terra dei cachi



Come sono complicati i sentimenti che mi legano all'Italia! 
Abito all'estero gran parte dell'anno, la metà della mia famiglia è tedesca, e amo il Belgio, il paese dove vivo. Ho sempre detto di sentirmi più cittadina europea che italiana. 
Tutto vero, ma non é così semplice. 

Ovvio: l'Italia è il paese dove sono nata, dove ho vissuto, dove abitano le mie sorelle, i miei nipoti, i miei parenti, i miei migliori amici, le persone, con cui posso spartire, non solo la lingua, la storia, i ricordi, ma  con cui posso ridere di una battuta, intonare una vecchia canzone, rammentare situazioni, luoghi, persone... 

Eppure la parola “patria” mi lascia indifferente, non mi commuovo all'inno di Mameli e non mi emoziono nel vedere il tricolore. La Nazionale di calcio mi fa arrabbiare e non condivido nemmeno l'idea dell'italiano "simpatico mascalzone" e poi detesto la furbizia come qualità nazionale.  Allo stesso tempo, mi infurio per gli stereotipi e per la visione che si ha dall'estero di un paese ridotto a cartolina, a una brutta cartolina, un'immagine di mafia, di immondizia e spaghetti.

È come se mi sentissi legata all'Italia da un sentimento "antico", primordiale, difficile da definire, da un lungo filo, un elastico, che a volte si può tendere fino all'estremo limite, ma che non si rompe mai. 
Poi c'è la vergogna. 
Sentivo in un'intervista alla radio  che la vergogna è il senso più percettibile e più sicuro dell'appartenenza.
Ci si vergogna per chi si ama, per quelli a cui ci si sente legati, per la comunità, a cui intimamente, si appartiene. 
Per altri si può provare imbarazzo, disagio ma mai vergogna. 
È vero. È così. 
In questo periodo in cui provo, per la situazione italiana, una vergogna acuta e cocente, non mi sono mai sentita di appartenere tanto fortemente a questo paese, così difficile, così irritante, così mio.




Uno stralcio dell'intervista con Carlo Ginzburg :



3 commenti:

  1. Mi hai fatto venire in mente la canzone di Gaber sugli italiani. E anche il libro di Fruttero appena uscito. Provo anch'io qualcosa del genere, lo sai. Anche se al fondo ho il sospetto che all'estero, nell'immaginario di chi ci vuole bene, piacciono soprattutto quelli che a noi sembrano intollerabili difetti.
    Gil

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  2. Toccanti le tue riflessioni sull'italianità, che condivido in pieno, totalmente, comprese virgole e punti. Avendo vissuto all'estero anch'io per un po', ho riconosciuto nelle tue parole i complessi sentimenti che provavo quando, da fuori, osservavo il paese che mi ha visto nascere e in parte crescere e soprattutto lo osservavo riflesso nelle parole, nei pregiudizi (in positivo e in negativo) dei miei amici stranieri. E ha ragione Gil: gran parte di quelli che a noi sembrano difetti vergognosi, all'estero vengono trovati simpatici, sì, ma da persone piuttosto superficiali o francamente disinformate o un po' tonte. Chi, da straniero, ama e conosce l'Italia ha per lei, adesso, soprattutto pena. E noi con lui.

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  3. A proposito di come siamo visti all'estero c'é un detto sui nostri rapporti con i tedeschi :
    " Gli italiani rispettano i tedeschi ma non li amano.I tedeschi amano gli italiani ma non li rispettano"
    C'é un fondo di verità e può valere anche per altri paesi,credo.

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